Fano

In provincia di Pesaro la prima banda che si costituì fu quella del tenente colonnello Giovanni Anelli di Fano. Comandante di un battaglione del 94° Fanteria a Fossombrone, con l’arrivo dei tedeschi, per non cadere prigioniero, si portò con alcuni dei suoi uomini nelle montagne vicine dove intraprese azioni contro gli occupanti. Da lì a poco la sua famiglia fu presa prigioniera dai fascisti e Anelli fu raggiunto dalla minaccia di una loro uccisione per rappresaglia, nel caso non avesse desistito dalla sua opera. Costretto ad entrare in trattative con il maggiore Pezza, comandante della Gnr di Pesaro, fece un accordo: la sua famiglia sarebbe stata rilasciata ed egli avrebbe abbandonato la lotta e fatto ritorno a casa, rimanendo sotto stretto controllo (Giacomini, 2008 p. 77).

Ai primi di dicembre si verificarono azioni dimostrative davanti alla caserma Montevecchio di Fano a colpi di bomba a mano. Giannetto Dini, in accordo ad alcuni giovani che si trovavano all’interno della caserma e che si stavano adoperando per favorire le diserzioni e procurare armi, aprì da solo il lancio. Da questo gruppo di soldati (Aldo Deli, Corrado Isotti, Valerio Volpini, Sergio Marchigiani, Vincenzo Lombardozzi, Otello Del Mastro, Ferrante Di Bari, Sandro Giammattei, Vittorio Corsaletti) diversi si uniranno poi ai distaccamenti partigiani e di Gap. Le azioni contro le caserme ebbero un buon risultato visto che dopo varie fughe individuali o a piccoli gruppi, il 7 dicembre (il 6 secondo Giacomini, p. 188) il 94° Fanteria di stanza nella città, disertò quasi per intero. Rimasero tra le mura della città meno di trenta soldati e il fatto apparve talmente clamoroso da essere citato anche da Radio Bari (Mari, 1965 pp. 93-94). Cosi viene riferito nelle carte private del dott. Enrico Cavallo, ispettore generale di pubblica sicurezza della 6° Zona Ovra dell’Italia centrale: «Una serie di fatti militari lamentati a Fano ed a Pesaro forse fanno uno spiraglio di luce sulle cause o le concause del disagio. L’astensione iniziale e diffusa dalla presentazione al Distretto di giovani di recente chiamati alle armi, e, ciò che è più grave, l’allontanamento di parecchie centinaia di reclute dal deposito del 94° Reggimento Fanteria di Fano e dal 20° Artiglieria di Pesaro, dovuti in parte a suggestiva propaganda familiare ma anche e principalmente a quella extra familiare subdola pervicace continua, hanno fortemente impressionato le coscienze sane, alle quali è parsa disorganica l’azione di Comando, non armonica e, qualche volta, discordante l’azione di esecuzione nel grave frangente» (Giacomini, 2008 pp. 239-240).

I giovani antifascisti di Fano svolsero una costante attività di propaganda, organizzando anche incontri clandestini e pubblicando un giornaletto alla macchia intitolato “Noi giovani liberi” che aveva la sua tipografia in una casa contadina presso Bellocchi. Veniva diffuso insieme ad altro materiale a stampa nelle case, nei rifugi e nelle campagne.

Di fronte alla diserzione dei giovani, le autorità fasciste risposero con rappresaglie e minacce nei confronti dei genitori, e arresti di antifascisti che si ritenevano incoraggiassero attività resistenziali. Proprio l’11 dicembre furono prelevati dalle loro case e trasportati a Pesaro in stato di detenzione diversi cittadini tra cui il prof. Niccolò Cesarini Giulietti, il commendatore Egidio Del Vecchio, l’avvocato Enzo Capalozza, Enrico Adanti, il colonnello Roberto Puglisi. Furono ammoniti e diffidati dallo svolgere qualunque attività politica. Vennero rilasciati dopo otto giorni (Mari, 1965 pp. 93-94).

Tra gennaio e febbraio le autorità fasciste presero varie misure per tentare di controllare la situazione politica. A Fano vennero effettuati nuovi arresti, intimidazioni e diffide. Il 5 febbraio furono arrestati vari fanesi, trasportati alle carceri di Pesaro ed accusati di fomentare la resistenza e in particolare di aver invitato i soldati italiani ad attaccare autocolonne tedesche in transito. Furono deferiti al Tribunale Speciale Provinciale ma vennero rilasciati dopo alcune settimane (Mari, 1965 p. 120).

Dopo i combattimenti del marzo il prestigio dei resistenti è notevolmente aumentato e il governo del Cln pensa sempre di più al domani, al dopoguerra e si cerca di salvare il più possibile attrezzature e materie prime dalle rapine e dalla distruzione tedesca. A Fano, i pescatori d’accordo con il Cln e il comando Gap affondano molti pescherecci impedendo così ai tedeschi di catturarli e portarli nei porti del nord. L’autoaffondamento rese possibile il recupero a guerra finita e la ricostituzione rapida della flottiglia peschereccia (Mari, 1965 p. 183).
Gli inglesi del 7° reggimento Ussari entrarono a Fano il 27 agosto.

STORIE DI VIOLENZA FEMMINILE

Dopo l’armistizio il secondo conflitto mondiale assunse le caratteristiche di guerra civile e di guerra totale. In questo arco di tempo il coinvolgimento della popolazione e delle donne in particolare crebbe enormemente. Gli schemi che regolavano la normale convivenza civile saltarono, lasciando spazio a varie forme di violenza, soprattutto laddove l’occupazione tedesca si protrasse più a lungo: nei fronti di guerra come la Linea Gotica. L’atmosfera di emergenza e precarietà provocò un allentamento delle inibizioni che a volte si tradusse in libidine violenta o stupri.

Questa drammatica esperienza fu vissuta da molte donne, alcune la subirono senza potersi difendere, altre, più fortunate, riuscirono in qualche modo a salvarsi. Quest’ultima è anche la storia della fanese Elsa Volpini, che lei stessa ci racconta in un libro dedicato alla sua vita: «[…] due tedeschi spalancarono a calci la porta di casa, entrarono nella grande cucina e cominciarono a cercare in ogni angolo. Spaventatissima, corsi per le scale che portavano al piano di sopra e mi nascosi sotto il letto della nonna, nella stanza che dava sul retro della casa. Ma anche loro vennero su, capirono subito dov’ero e coi fucili puntati mi urlarono di uscire. Erano armati fino ai denti e mai più potrò dimenticare quel giovane viso triangolare che mi squadrava freddamente nel momento in cui uscivo da sotto il letto e mi rialzavo. Dai suoi occhi compresi benissimo quali fossero le sue intenzioni e mi sentii morire. Inconsapevolmente ebbi però una reazione fulminea: sapevo che la finestra era aperta e così mi slancia di scatto in quella direzione e mi gettai di sotto […], poi un altro salto e via in mezzo al granoturco, che in quell’estate del ’44 era cresciuto bello alto» (Volpini, 2004 p. 113). Elsa si salvò, ma la sua famiglia visse molte ore di angoscia: infatti i tedeschi, infuriati dall’essersi fatti scappare la ragazza, minacciarono di morte i suoi genitori nel caso lei non fosse tornata. Li fecero poi scendere in una buca scavata precedentemente dal padre come rifugio antiaereo e li coprirono con un tavolo, lasciandoli lì per un tempo imprecisato. Solo alle prime luci dell’alba, quando non si sentivano più rumori, i due uscirono dalla buca: «Uno spettacolo agghiacciante si presentò ai loro occhi: la casa bruciava e le fiamme avevano già raggiunto il tetto; e tutt’intorno bruciavano le altre case coloniche in uno scenario apocalittico a cui nessuno aveva mai immaginato di dover assistere. Bruciò il corpo della nonna – già asfissiata dal denso fumo che aveva avvolto la sua stanza – bruciarono le ultime bestie rimaste e bruciarono tutte le nostre masserizie» (Volpini, 2004 p.115).

Bibliografia
R. Giacomini, Ribelli e partigiani. La Resistenza nelle Marche 1943-1944, Affinità elettive, Ancona 2008.
G. Mari, Guerriglia sull’Appennino. La Resistenza nelle Marche, Argalia, Urbino 1965.
G. Mazzanti, Dalle vie del cielo a quelle della città. Fano nella guerra 1939/45, Comune di Fano, 1995.
G. Perugini, Fano e la seconda guerra mondiale. Da Monaco a Parigi, Bologna 1949.
S. Presti, Leda Antinori eroica staffetta partigiana, in “Memoria viva”, Pesaro, n. 2, 1994.
Provincia di Pesaro e Urbino, Anpi Provinciale, La 5^ Brigata Garibaldi “Pesaro”, Pesaro 1980.
C. Venturoli, La violenza taciuta. Percorsi di ricerca sugli abusi sessuali fra il passaggio e l’arrestarsi del fronte, in D. Gagliani [et. al.], Donne guerra politica. Esperienze e memorie della resistenza, CLUEB, Bologna 2000.
E. Volpini, Era una pianta fertile e ghiaiosa. Memorie di un ventennio difficile (1926-47), Falconara 2004.