Chiaravalle

Situata al centro delle Marche, sulla strada e sulla tratta ferroviaria Ancona-Roma, Chiaravalle si poneva come punto strategico per lo scambio di rifornimenti e per il passaggio delle truppe.

Nei giorni successivi all’8 settembre, anche a Chiaravalle si costituì il Comitato di Liberazione locale, che vide soprattutto la presenza di comunisti e azionsiti. Il repubblicano Adolfo Martorelli restò un caso isolato e costituì una presenza meramente simbolica. I socialisti e i cattolici non ne vollero far parte, ma più che pensare ad un’assenza totale di queste forze politiche sarebbe più giusto parlare di una presenza individuale e sporadica di alcune sue figure. Si trattava di singoli cittadini che avvertivano la responsabilità e l’urgenza del momento storico. In ogni modo, gli uomini di spicco del Cln erano tutti comunisti: Renato Rocchetti, Bruno Brunelli, Vero Sanzi, Amedeo Solustri, Leuccio Moroni, Paolo Frattini, Fernando Bolletta, Eolo Pierucci – giovane operaio della Savoia Marchetti di Jesi, dove aveva formato una cellula comunista attiva sin dal 1942 -, e molti altri (Papini, 1984 p.20). A testimonianza delle difficoltà che il Comitato dovette superare nelle sue fasi iniziali, riportiamo lo stralcio di una relazione della Federazione comunista: «CLN poco efficiente. Gli altri partiti sono poco forti. Esistono gruppi partigiani efficienti. Non lavoro sindacale, ma si può fare molto tra le donne della Manifattura Tabacchi» (Papini, 1984 p.26). Effettivamente il ruolo svolto dalle stafette, il più delle volte reclutate tra le sigaraie, di forte tradizione antifascista, divenne un punto fermo della lotta partigiana (Papini, 1984 p.21).
Così come le bande si dimostrarono sempre più organizzate e operanti. Rispetto alla situazione del Cln, è doveroso tuttavia riconoscere che nei mesi successivi non diresse solo azioni militari o i rifornimenti dei partigiani in montagna, ma svolse anche attività politica e assistenziale.

Proprio uno dei suoi principali componenti, Eolo Pierucci, divenne comandante del Gap di Chiaravalle, mentre l’altro comandante sarà Giacinto Minciotti, autodefinitosi apolitico ma che nel corso del tempo si avvicinò sempre più agli azionisti. Ecco cosa riportò di quelle prime settimane proprio Minciotti: «Appena giunto a Chiaravalle, l’11 settembre 1943, presi contatto con alcuni giovani militari sbandati, per far sì che i fascisti e i tedeschi non potessero prenderci essendo uscito il primo bando per la presentazione di tutti i già appartenenti all’esercito. Costituii così un gruppo con i seguenti elementi: Cardinelli Nando, Sgalla Giuseppe, Bastianelli Edoardo. Con questi iniziai la lotta antifascista…» (Relazione Gap Congiu Nello).
Stabilirono la loro sede lungo la riva del fiume Esino, nei pressi di Chiaravalle. Essendo venuti a conoscenza della creazione di un Cln locale, il cui principale esponente era l’ingegner Rocchetti, presero contatto con lui e da allora il gruppo seguitò la sua attività in piena collaborazione.

Ma in seguito, con l’aumentare delle difficoltà nei rapporti, Minciotti formerà un gruppo tutto suo. Si deve tenere presente che dopo l’arresto e la dipartita dell’ingegnere Tommasi, i dissidi all’interno del Cln regionale ebbero ripercussioni anche in quello di Chiaravalle, dove era già in atto, seppur in proporzioni minori, uno scontro tra comunisti e azionisti per la direzione del movimento partigiano. Alla fine di febbraio venne così tolto il comando del Gap all’azionista Minciotti, che da allora agirà con un gruppo proprio, intitolato a Nello Congiu, un giovane sardo a lui vicino e caduto poco prima della liberazione. Nonostante lo spirito indipendente, il suo nuovo gruppo continuò di fatto ad operare in stretto contatto con gli altri partigiani.

L’azione resistenziale cominciò prestissimo e molte furono le azioni che si susseguirono nel corso dei mesi, la maggior parte con l’obbiettivo di requisire materiale bellico. Per fare qualche esempio: nell’aereoporto di Falconara e Jesi, già occupati dai tedeschi, smontarono materiale dagli apparecchi e portarono via mitragliatrici Breda con relative munizioni; con un camion fornitogli da Rocchetti effettuarono lo svaligiamento delle Casermette contumaciali di Falconara e, infine, sottrassero alla GNR un camion e un’autoambulanza.
Chiaravalle come Jesi, assunse nella lotta resistenziale il duplice compito di collegamento-rifornimento dei gruppi in montagna e di tramite con il centro di Ancona.

Il 20 luglio 1944 le truppe alleate, precedute dai polacchi e dai partigiani, entrarono a Chiaravalle. Nel dopoguerra la città ottenne la Medaglia di bronzo al merito civile.

BOMBARDAMENTI

Dal gennaio 1944 l’intero territorio marchigiano fu teatro di numerosi bombardamenti da parte degli alleati. Tra i tanti obbiettivi: S. Benedetto del Tronto, Civitanova Marche, Falconara, Fano, Fabriano e Urbania. L’intento principale ero quello di impedire ai nazisti il trasferimento degli approvvigionamenti, in particolar modo distruggendo le vie di comunicazione e gli snodi ferroviari. Solo dopo il 1° giugno la logica alla base degli attacchi non fu più la stessa: da allora i bombardamenti alleati vollero soprattutto dimostrare al nemico la loro prontezza nel colpirlo in ogni momento e nel bonificare tutto il territorio interessato allo scontro decisivo che tra il 17, il 18 e il 19 luglio, avrebbe visto il II Corpo d’armata polacco impegnato nella Liberazione di Ancona.

Proprio con queste motivazioni Chiaravalle e i centri ad essa contigui furono sottoposti dall’inverno 1943-44 a una durissima serie di bombardamenti.
In particolare, Chiaravalle rivestiva una notevole importanza strategica: «in previsione dell’avanzata degli alleati l’alto comando tedesco aveva ritenuto di dirigere le manovre di difesa proprio a Chiaravalle, centro nevralgico, da cui si esercita un controllo agevole sulle principali vie di comunicazione, sia per difenderle, sia per distruggerle in caso di ritirata» (Papini, 1984 p.21). Con questa convinzione avevano deciso di costruirvi un bunker, dove potesse installarsi lo stato maggiore e lo stesso Kesserling. Gli alleati ne furono però informati e come contro mossa procedettero con il ripetuto bombardamento della città. Il più catastrofico per perdite materiali e umane, e proprio per questo rimasto scolpito nell’immaginario collettivo, fu quello del 17 gennaio 1944. Mentre si svolgeva la tradizionale fiera di Sant’Antonio, gli aerei scaricarono su una Chiaravalle affollatissima il loro micidiale carico di bombe. Il risultato fu un paese completamente distrutto, con 150 morti ufficialmente accertati – ma ne furono molti di più – e innumerevoli feriti. Il bombardamento, «oltre ad aver colpito in maniera indelebile l’immaginario collettivo della città e di chi vi si trovava in quel momento, è indissolubilmente intrecciato ad un fenomeno che, appunto, ha accresciuto la specificità del bombardamento e, purtroppo, in termini di vite umane, ne ha amplificato le conseguenze negative: la fiera di Sant’Antonio» (Ilacqua, 2004 p.18). Organizzata fin dall’800, la fiera aveva continuato ad avere luogo nonostante la guerra. Lo svolgersi della manifestazione avrebbe reso disponibile una serie di merci altrimenti di difficile reperimento. Inoltre Chiaravalle non era ancora mai stata bombardata, non c’era stata alcuna avvisaglia di sorta e non si pensava possibile un’eventualità del genere. La situazione relativamente tranquilla che aveva caratterizzato l’abitato fino a quel momento e, forse, l’intensa attività antifascista svolta nella zona, creò di fatto una falsa aspettativa. Ci si sentiva al riparo da un attacco diretto e dalle brutalità della guerra in generale. Ma la Storia ruppe quest’incanto.

Nei giorni successivi si ripeterono i bombardamenti e si arrivò alla totale evacuazione del paese. Da quel tragico 17 gennaio al momento della sua liberazione, Chiaravalle conterà ben 53 incursioni aeree. Alla fine della guerra i danni materiali si dimostrarono altissimi. Furono danneggiati gravemente o distrutti più di 4000 vani su un totale di 6000: cioè il 47% delle abitazioni e l’86% degli stabilimenti industriali. Oltre ai danni per i bombardamenti bisogna aggiungervi gli incendi e le distruzioni provocati dalle forze tedesche in ritirata. In particolare furono arrecati danni alle piccole e medie industrie. I più gravi furono quelli alla Manifattura Tabacchi (Papini, 1984 p.29).
Moltissime sono state le testimonianze dei sopravvissuti raccolte negli ultimi anni. Grazie ad esse si è riusciti a riportare l’avvenimento più grave della storia recente di Chiaravalle al centro dell’interesse storiografico.

Bibliografia
R. Giacomini, Ribelli e partigiani. La Resistenza nelle Marche 1943-1944, Affinità elettive, Ancona 2008.
F. Ilacqua, 17 gennaio 1944. Il bombardamento, L’orecchio di Van Gogh, Chiaravalle 2004.
M. Papini, Il CLN a Chiaravalle. Dalla lotta di Liberazione alla Ricostruzione, Centro culturale polivalente-IRSMLM, Chiaravalle-Ancona 1984.

Archivio
Resistenza, Attività militare, Relazione Gap Congiu Nello, Busta 1, fasc A.