San Benedetto del Tronto

INIZIA LA RESISTENZA

Nei giorni immediatamente successivi all’armistizio si verificò a San Benedetto un episodio che portò alla costituzione di una delle prime bande partigiane della zona. Un treno militare pieno di tedeschi fu fermato temporaneamente nella stazione sambenedettese, dove sostò per alcune ore su un binario morto. I soldati, che avevano spalancato le porte dei vagoni, intorno a mezzogiorno cominciarono a consumare la loro razione di cibo. Nel frattempo alcuni bambini avevano risalito la scarpata e si erano avvicinati al treno. Quando videro i soldati mangiare, cominciarono a chiedergli del pane. La loro insistenza infastidì i militari e, uno di questi, per allontanarli, gli lanciò contro una bomba a mano. Il treno era fermo proprio davanti alla caserma della Guardia di Finanza, nei locali in cui si trovava anche il tenente Gian Maria Paolini. Questo era un giovane ventiquattrenne, originario del Piemonte, che era da poco sbarcato a San Benedetto dalla motovedetta con la quale aveva attraversato l’Adriatico, salpando da un piccolo approdo nei pressi di Sebenico. Il giovane non voleva consegnarsi ai tedeschi e quell’avvenimento divenne l’occasione per iniziare la guerra contro l’occupante. Paolini si pose alla testa di un gruppo di soldati e attaccò il convoglio che, tuttavia, stava già ripartendo. Nello scontro rimase ferito un tedesco che morirà dopo alcuni giorni in ospedale. Fuggito nelle campagne circostanti e nascosto dai contadini, da allora il tenente Paolini si impegnò nell’attività organizzativa, raccogliendo intorno a sé militari sbandati e giovani sanbenedettesi. Inizialmente si procurarono le armi a bordo dei motopescherecci militarizzati e degli altri scafi approdati a San Benedetto. Il materiale bellico fu trasferito prima sulle colline, successivamente nel bosco di Merli, vicino Acquaviva Picena. Quando i tedeschi operarono i primi rastrellamenti, Paolini decise di spostare la banda ancor più verso l’interno, nella zona di Rovetino e di Rotella.

BOMBARDAMENTI

Sin dall’8 settembre, la città di San Benedetto è stata particolarmente colpita dai bombardamenti, probabilmente per due motivi: la presenza del porto e il fatto che rappresentasse un importante nodo strategico per le operazioni militari. In totale ha subito più di cento bombardamenti, tra quelli aerei e navali: alcuni più lievi, altri più pesanti; alcuni con molte vittime, altri senza, ma in ogni caso causando profonde ferite nella città (con 69 case distrutte, 285 gravemente danneggiate e 1378 lievemente danneggiate). Tra gli attacchi di maggiore violenza e di massima intensità ci sono quello del 27 novembre 1943 e del 15 marzo 1944. Nella prima giornata, intorno alle 12.15, una formazione di trentasei bombardieri, probabilmente con l’intento di colpire le numerose batterie piazzate nella zona di Via del Colle, iniziò un bombardamento a catena che distrusse tantissime abitazioni. Il risultato finale fu 20 vittime, numerosissimi feriti, uno disperso e danni ingentissimi. Invece il 15 marzo la città subì molteplici attacchi nel corso dell’intera giornata, con distruzioni in tutti i quartieri e anche la parziale demolizione del palazzo comunale. Nell’incursione pomeridiana, due bombardieri furono colpiti dalle batterie controaeree e si abbatterono sulla spiaggia (Marinangeli 1981).

CONDIZIONI DI VITA

La vita di ogni giorno era ormai segnata dalla penuria dei viveri. Il tesseramento era vanificato dalla mancanza di molti generi alimentari come farina, carne, patate e olio. Ben presto cominciarono a scarseggiare anche vestiti, scarpe, bottoni e filo da cucire. L’obbligo di consegnare i prodotti ai centri dell’ammasso non veniva più rispettato e la distribuzione dei viveri avveniva saltuariamente. Dal mese di novembre incominciò lo sfollamento in massa della città. L’allora giovane sambenedettese, Alberto Perozzi, lo ricorda così: ≪Partirono migliaia di famiglie. Un esodo triste. Le persone non si salutavano nemmeno, ognuno prendeva la via della campagna e dei paesi collinari. I più fortunati o quelli, come noi, che avevano parenti disposti ad offrire un rifugio, si incamminavano trascinando dietro poche masserizie, qualche baule pieno della preziosa biancheria, gran parte della quale costituiva la dote delle donne. Gli altri avrebbero dovuto prima vagare alla ricerca di un rifugio nel quale trasportare la mobilia indispensabile. Le strade verso l’interno erano percorse dai più diversi mezzi di trasporto. Carri agricoli. Carretti, ciclofurgoni, piccoli camion, calessi, “piattine” trainate da cavalli. (Marinangeli 1981, p.14-15)

VIOLENZA NAZISTA

Un tragico episodio avvenne nel primo pomeriggio del 28 novembre 1943. Alcuni soldati tedeschi, approfittando della confusione generata dal bombardamento del giorno precedente, entrarono in un magazzino nella piazza centrale e cominciarono a prelevare e portare via cassette piene di generi alimentari. Qualcuno avvertì i carabinieri e poco dopo sopraggiunse il maresciallo Luciano Nardone, che si oppose energicamente al saccheggio del magazzino. Per tutta risposta i tedeschi lo colpirono con un pugno e ne nacque una violenta colluttazione. Improvvisamente un tedesco gli sparò una raffica alle spalle, come fece anche con il carabiniere Isaia Ceci, arrivato ad aiutare il maresciallo. Alla fine i tedeschi se ne andarono in tutta tranquillità. In seguito a questo episodio la centrale Piazza Roma, teatro di questi delitti, ha assunto il nome di Piazza Nardone, in memoria del Maresciallo assassinato; mentre al carabiniere Ceci è stata dedicata la caserma dei Carabinieri della stazione di Alba Adriatica, in provincia di Teramo. Alla memoria dei due carabinieri è stata conferita la Medaglia d’argento al Valor Militare.

Qualcosa di simile accadde alcuni mesi dopo anche a Ponte Rotto di San Benedetto, quando il commissario prefettizio Filippo Anelli, insieme a un brigadiere, un altro signore e una giovane diciassettenne, mentre percorrevano la strada verso Acquaviva Picena, incontrarono una donna del luogo che stava discutendo con due soldati tedeschi, intenzionati a portarle via a forza la bicicletta. Il gruppo di signori cercò di convincere i militari a non insistere. Quando un terzo soldato incominciò a minacciare gli uomini con il fucile, il brigadiere lo uccise. In quel momento sopraggiunse un’autovettura tedesca che come vide l’accaduto prese a mitragliargli contro. Il brigadiere e il signore che era con loro vennero uccisi mentre tentavano di fuggire. La ragazza ricorda che aveva cercato inutilmente aiuto in una casa ma gli abitanti terrorizzati “si erano chiusi dall’interno e non vollero aprire” (Giacomini, 2008, p.52-53).
Il 4 gennaio 1944 un contadino mezzadro, Guido Sgattoni, subì da alcuni soldati tedeschi una perquisizione in casa che finì con l’incetta di tutte le provviste che trovarono. Il contadino tentò di fare resistenza e i tedeschi gli spaccarono la testa a colpi di mattone.

LA LIBERAZIONE

San Benedetto fu liberata dagli alleati il 18 giugno 1944. Ma anche dopo la Liberazione, la città e il porto furono soggetti ad un ultimo attacco navale. Intorno alla mezzanotte il centro abitato fu colpito da una serie di mitragliamenti che danneggiarono diverse case private e ferirono gravemente una signora che si trovava sul balcone di casa, proprio davanti al bacino portuale. Due grandi navi nemiche avevano furtivamente imboccato il porto, senza che il personale militare di servizio fornisse il minimo allarme, forse ingannato dal ritenerle forze alleate. Dopo una rapida perlustrazione, le navi nemiche si allontanarono a una discreta distanza e cominciarono a mitragliare violentemente contro i due motovelieri presenti nel porto. Il mitragliamento durò all’incirca una ventina di minuti, causando il ferimento di una dozzina di persone appartenenti agli equipaggi e il terrore tra la popolazione sambenedettese. Le due navi furono incendiate e fatte colare a picco, mentre quelle nemiche si allontanarono incolumi.

Bibliografia
R. Giacomini, Ribelli e partigiani. La Resistenza nelle Marche 1943-1944, Affinità elettive, Ancona 2008.
U. Marinangeli, Vita politico-amministrativa sambenedettese 1944-1955 tra cronaca e storia, Banca popolare, San Benedetto del Tronto 1981.
A. Perozzi, I giorni della guerra, Livi, Fermo 1995.