Ascoli Piceno

DOPO L’8 SETTEMBRE

In seguito all’annuncio dell’armistizio e allo sbandamento delle forze armate italiane, ad Ascoli Piceno fecero ritorno e transitarono i soldati che avevano abbandonato i reparti dell’esercito. In città, il prefetto ordinò che tutti gli uffici militari continuassero il loro lavoro, le di stanza nella città furono consegnate nelle caserme in attesa dello evolversi degli eventi e non si registrarono defezioni di rilievo. La forza militare presente ad Ascoli dopo l’8 settembre era così costituita: alla caserma “Umberto I” era acquartierato un battaglione di fanteria diviso in due compagnie, per un totale di 140 uomini; alla caserma “C. A. Vecchi”, sede del distretto, prestava servizio una compagnia distrettuale di 120 uomini; infine nelle Casermette c’erano gli avieri della classe 1923, per un totale di 1.100 uomini.

Già nella sera dell’11 settembre cominciarono a circolare in città voci confuse di reparti tedeschi in marcia lungo la Salaria e diretti da Rieti ad Ascoli. Si parlava, addirittura, di una divisione corazzata. Contemporaneamente a Teramo il capitano dei carabinieri, Ettore Bianco, aveva fatto bloccare e disarmare dai suoi uomini, un piccolo reparto tedesco proveniente dall’Aquila e diretto ad Ascoli. Ma il reparto fu ben presto rilasciato e i tedeschi liberi di proseguire perlustrarono la strada sino al valico di Maltignano e poi fecero ritorno all’Aquila. Ad Ascoli non giunse notizia della puntata tedesca e dei fatti di Teramo.

I tedeschi entrarono in città il giorno successivo, il 12 settembre. Erano circa le 10 quando, da Porta Romana,  un reparto motorizzato fece ingresso nella città e subito si frazionò in più gruppi. Il primo attacco fu diretto contro la caserma Vecchi: fu distrutto il centralino, disarmati i soldati e gli ufficiali, presi come prigionieri il ten. col. Perna e il cap. Camilli.
Intorno alle 11, guidati dal tenente Ludwig Hoffmann, i tedeschi si diressero verso la caserma Umberto I, sparando e pretendendo la resa dei soldati italiani. Il tenente Cleto Capponi, che si trovava nell’ufficio comando, ricorda che: ≪..si udirono intimazioni tedesche accompagnate da qualche raffica di arma automatica, alle quali rispose immediatamente il fuoco delle armi già appositamente piazzate nella caserma, a sbarramento degli accessi≫ (Balena, p.20). I tedeschi probabilmente non si attendevano una resistenza organizzata e puntavano ad una resa più o meno immediata del comando. Invece il comandante del 49° Rgt. Fanteria, il colonnello Santanché, pur nella confusione di quei giorni, aveva organizzato la difesa della caserma. Ne seguì uno scontro violento nel quale persero la vita il sergente Lepori e il sottotenente Luciano Albanesi. Nelle file nemiche trovarono la morte lo stesso tenente Hoffmann ed alcuni soldati tedeschi.
Mentre lo scontro alla caserma era ancora in corso, il reparto tedesco più numeroso si era messo in marcia verso le casermette funzionali presso la frazione di Santi Filippo e Giacomo dividendosi in due colonne. I tedeschi non potevano prevedere ciò che li aspettava, gli avieri erano allineati a difesa dell’ingresso della strada e sul cavalcavia della ferrovia, e semplici cittadini erano armati e appostati tra le case e sopra i tetti. Nel conflitto a fuoco che seguì vi furono diverse decine di feriti e caduti da entrambe le parti e l’intera colonna tedesca, oltre un centinaio di uomini e una ventina di mezzi, si arrese. Gli ufficiali tedeschi trattarono la tregua e si giunse ad un accordo che portò allo scambio di prigionieri.

In seguito agli avvenimenti, i soldati italiani abbandonarono le loro caserme e salirono sul Colle San Marco, dove successivamente si radunarono anche numerosi civili, portando con loro armi e munizioni recuperate nelle stesse caserme abbandonate. Si organizzò qui una banda partigiana, comandata dal capitano Tullio Piconi e dal sottotenente Spartaco Perini, e costituita da militari in fuga, civili ed ex prigionieri alleati scappati dai campi di concentramento. Ad Ascoli si formò un comitato cittadino di antifascisti che provvedeva a raccogliere cibo, coperte e vestiario da inviare ai partigiani del Colle San Marco, i quali si stavano organizzando alla meglio in vista di probabili futuri scontri con l’esercito tedesco. La battaglia per il controllo di Ascoli cominciò all’alba del 3 ottobre si protrasse per diverse ore, finchè tutte le sacche di resistenza furono annientate. Quattordici “partigiani” trovarono la morte il giorno 3, altri dodici furono fucilati in diverse località due giorni dopo. Nella città ritornata in mano ai tedeschi e ai fascisti, si ricostituì la locale federazione fascista, ora repubblicana.

INIZIA LA RESISTENZA

Dopo i fatti del San Marco, alcuni ascolani si organizzarono in piccoli gruppi combattenti che si formarono in località vicine, specialmente sulle alture che circondavano la città; altri invece presero la strada della montagna. I primi nuclei armati della zona dell’ascolano e del fermano, si costituirono nella zona pedemontana dei Sibillini, da Amandola ad Acquasanta, e lungo la litoranea adriatica, da Porto d’Ascoli a Porto Sant’Elpidio.

1943 – 1944

Durante l’inverno le azioni furono rallentate dal maltempo e dalla fitta neve che cadeva sui Sibillini. I partigiani erano infatti privi di abbigliamento invernale per affrontare le asprezze della montagna, avevano difficoltà di approvvigionamento, erano spesso a corto di armi e munizioni, preferirono sistemarsi nei paesi meno esposti al controllo tedesco in attesa che svernasse. Nel marzo del ’44 si verificò la vasta azione di rastrellamento ad opera dell’esercito nazista con lo scopo di liberare dalla presenza partigiane le strade che conducevano a nord della penisola. Due tragici episodi coinvolsero i partigiani e la popolazione dell’ascolano, il 9 marzo a Rovetino venne attaccata la banda Paolini e l’11 marzo a Pozza e Umito stessa sorte toccò alla banda Bianco. In entrambi i casi furono uccisi anche civili inermi. Il 18 marzo l’offensiva tedesca toccò un paese collocato nel cuore dei Sibillini, Montemonaco.

LA LIBERAZIONE

La liberazione della città avvenne tra il 18 e il 20 giugno 1944, ad opera del CIL (Corpo Italiano di Liberazione), con la collaborazione attiva di gruppi di partigiani. I primi ad entrare in città furono il 184° reggimento paracadutisti della Nembo e il 61° battaglione allievi ufficiali bersaglieri.
Il comune di Ascoli Piceno ricevette nel 2001 la Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione: ≪La fiera e pacifica città di Ascoli Piceno, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, non esitò a sollevarsi contro il tedesco invasore. Già il 12 settembre, il coraggioso comportamento dei militari del presidio aveva costretto alla resa le forze nemiche, superiori in uomini e mezzi, mentre dal 2 al 5 ottobre, al Colle San Marco, un pugno di giovani ardimentosi, male armati ed equipaggiati, si batterono duramente, contro unità germaniche, subendo dolorose perdite. La popolazione ascolana, non desistette dal proseguire la lotta, partecipando a numerosi scontri, come quelli in località Venagrande, Castellano e Vallesenzana, che furono fra i momenti più significativi della sua irriducibile volontà a partecipare direttamente alla liberazione del territorio. Non meno agguerrita fu l’attività dei “gruppi di azione patriottica”, conclusasi con l’ardita liberazione dalle carceri cittadine di tutti i detenuti politici. Ad essa va aggiunta la pericolosa opera svolta a favore di migliaia di prigionieri alleati e di militari sbandati molti dei quali furono condotti in salvo oltre le linee. Numerose furono le perdite umane, le deportazioni e le distruzioni subite dalla città, che fu sempre sorretta dalla fede in una Patria migliore, risorta dalla dittatura fascista≫ (Pompozzi 2010, p.17).

Bibliografia
S. Balena, Bandenkrieg nel Piceno (settembre ’43 giugno ’44), Ascoli Piceno [s.d.].
M. G. Battistini, C. Di Sante (a cura di), Fascismo e Resistenza nel Piceno, Ascoli Piceno, Istituto Statale d’Arte “Osvaldo Licini”, Ascoli Piceno 2003.
S. Bugiardini, Memorie di una scelta. I fatti di Ascoli Piceno, settembre-ottobre 1943, Istituto provinciale per la storia del movimento di liberazione nelle Marche, Ascoli Piceno 1995.
R. Giacomini, Ribelli e partigiani. La Resistenza nelle Marche 1943-1944, Affinità elettive, Ancona 2008.
S. Pompozzi, I ribelli del Colle. Le vittime partigiane dei combattimenti sul Colle San Marco 3/5 ottobre 1943, Assemblea Legislativa delle Marche, Ancona 2010.
S. Bugiardini, La città e il colle. Storia, memoria e documenti della prima Resistenza Picena (settembre-ottobre 1943), Il Lavoro Editoriale, Ancona, 2013.