Erivo Ferri

Urbino 26 giugno 1901- Pesaro 29 novembre 1960.
Iscritto al PCd’I fin dal 1921, esercitava il mestiere di calzolaio a Ca’Mazzasette, frazione del  Comune di Urbino. La condizione sociale non gli consentì di studiare e frequentò la scuola fino alla terza elementare. Dal 19 dicembre 1920 al 13 luglio 1922 compie il servizio militare nel 38° Reggimento Fanteria di stanza ad Alessandria. Il 19 marzo 1923 in un’osteria di Ponte in Foglia, uccide con un’arma da fuoco lo squadrista Michele Marchisio (cuneese di Magliano Alpi, impiegato della ditta appaltatrice dei lavori della costruenda tratta ferroviaria Urbino-S.Arcangelo), che ogni volta che lo incontrava lo colpiva col manganello. Ferri si diede alla macchia, invano ricercato dai fascisti che avrebbero fatto giustizia sommaria, finché fu arrestato. “Quel ragazzo imprendibile – sottolinea Ferriero Corbucci – entrò nell’immaginario collettivo come simbolo vendicatore di tutti  i soprusi e di tutte le violenze. Nella vallata era il simbolo della dignità, della fierezza e del coraggio un sicuro punto di riferimento dell’antifascismo”. Il 2 febbraio 1924 la Corte d’Assise di Pesaro, nonostante le testimonianze a sostegno della legittima difesa, lo condannò a sedici anni e otto mesi di reclusione che scontò nel carcere di Alessandria. Tuttavia gli furono condonati  cinque anni per indulto e usufruì dell’amnistia concessa dal regime nel decennale della  marcia su Roma. L’11 novembre 1932  ritornò a Ca’Mazzasette, ma era sorvegliato, subì alcuni arresti, diffide e perquisizioni. Nel 1939 è richiamato alle armi  “per istruzione”, periodo che trascorse a Cividale del Friuli  da aprile ad agosto. Dopo la caduta del fascismo, ad accentuare la sua forza simbolica contribuì l’episodio avvenuto a Ca’Mazzasette il 1° novembre 1943 quando riuscì a sottrarsi alla cattura della polizia militare tedesca. Era ricercato per la delazione di un agente informatore del comando tedesco, che lo avrebbe visto trasportare nella propria abitazione alcune armi, parte di un carico giunto due giorni prima da Pesaro e nascoste in località Ca’ La Pianta, da destinare alle progettate formazioni di montagna oggetto di discussione nel CPLN un gesto che alcuni hanno giudicato inopportuno e sbagliato alla luce delle conseguenze. La reazione di Ferri provocò un prolungato scontro a fuoco in cui rimasero uccisi tre civili e un  militare tedesco e l’arresto di ventinove persone, tra cui suo figlio, condotte a Rimini ma poi rilasciate. In questa situazione, dalla latitanza, protetto da una efficace rete di sorveglianza e di generale solidarietà, il 5 novembre fece pervenire al comando tedesco, tramite il Podestà Paci di Urbino, una lettera in cui si assumeva  tutta la responsabilità per quanto accaduto e attribuiva al fuoco amico l’uccisione del militare tedesco a cui in realtà sparò, appostato in una vecchia casa fatiscente nella parte alta del paese, Mario Ferri, cugino di Erivo.  Per maggior sicurezza della popolazione e dello stesso Ferri il CPLN  l’8 novembre inviò a Ca’Mazzasette il responsabile della struttura militare, Ottavio Ricci, per organizzare il suo trasferimento nella zona di Cantiano che avvenne tre giorni dopo non senza inconvenienti perché lungo il tragitto, all’altezza di Pontedazzo, l’incontro con due militi fascisti costrinse Ferri a sparare: uno dei due fu ucciso e l’altro ferito. Con l’aiuto fondamentale dei comunisti  cantianesi e di un gruppo di slavi, il 10 gennaio 1944 si costituirono i primi due  distaccamenti partigiani, il “Picelli” e il “Gramsci” da cui si formò la V Brigata Garibaldi “Pesaro”, forte di  cinque battaglioni e quattordici distaccamenti. Ferri, alias “Francesco”, fu designato comandante del “Picelli” e  poi dello “Stalingrado”, prima che si costituisse in  battaglione, e dopo l’uccisione di Francesco Tumiati, il comandante “Francino”, del  Distaccamento “Dini”. Nel dopoguerra è stato sindaco del Comune di Auditore e presidente dell’Anpi provinciale dal 1948 al 1956. Insignito della medaglia di bronzo al V.M.

Fonti: ACS-CPC, B. 2040 (1932-1940), copia del fasc. in ASAPU, Antifascismo Provincia di Pesaro-Urbino (1921-1943), 01-9-5-bb.152-156-fasc.5 (ACS b.1,fasc.13); ASPU, Esercito Italiano, Distretto di Pesaro, Foglio matricolare di Ferri Erivo, n.15470; ASAPU, 01-7-30-b.127-fasc.30; Anppia (a cura di), Antifascisti nel Casellario politico centrale, voll.20, Roma 1988-1995, ad nomen; partigianiditalia.beniculturali.it/archivio/ (Ricompart).

Bibl.: R.Giacomini, Urbino 1943-44, Argalìa, Urbino 1970, pp.71-76, 266-268; C.Moscioni Negri, Linea Gotica, L’Arciere, Cuneo 1980, pp.67-73; L.Cicognetti-P.Giovannini, Tra due processi. Itinerari e strategie dell’antifascismo pesarese negli anni Trenta, in P. Giannotti (a cura di), La Provincia di Pesaro e Urbino nel regime fascista. Luoghi, classi e istituzioni tra adesione e opposizione, Il Lavoro Editoriale, Ancona 1986, pp.258-259; F.Corbucci, “I maltagliati”, Arti grafiche  della Torre di Casinina di Auditore, 1996, pp.77-79, 91-93; A.Annibali, Chi ha distrutto la V Brigata “Pesaro”?, Age, Urbino, 2007, pp.27-46; R. Giacomini, Storia della Resistenza nelle Marche.1943-1944, affinità elettive, Ancona 2020, pp.96-104;