Frontale, novembre 1943, lo scontro.

Non siamo riusciti a ricostruire la precisa dinamica di questo episodio, anche se il bilancio definitivo è accertato in quattro tedeschi uccisi e un partigiano etiope caduto. Riportiamo a seguire le varie fonti. Abbiamo le testimonianze dirette di due protagonisti: Mario Depangher=(D.) e Sergio Sinigallia (che ricorda il fatto in due epoche distinte 1945 e 1989), i ricordi di una ragazzina di allora Maria Giuditta Cristofanetti Boldrini (tradotti in un romanzo), diari di parroci (don Giuseppe Mattiacci), il diario di Mosè Di Segni e rievocazioni successive (Paciaroni, Filippetti, Topa, Salomoni, Simonetti, Taddei). Articoli di giornali (Aurora, Gazzetta delle Marche). La ricostruzione più accurata e minuziosa è quella di Raoul Paciaroni nel suo libro “Una lunga scia di sangue. La guerra e le sue vittime nel Sanseverinate (1943-1944)” edito nel 2014.

Ripotiamo di seguito e in sintesi ciò che sull’episodio è stato scritto dai diversi testimoni e memorialisti.

Per caso D. si trova nei pressi di Frontale per un convegno partigiano (24 novembre), nel paese è arrivata una macchina tedesca, due ufficiali, un tecnico borghese un sergente autista. D. è avvisato, il tecnico e i due ufficiali sono lì per un sopraluogo circa la possibilità di allestire un campo di atterraggio per le cicogne tedesche. D. disarma l’autista e requisisce la macchina, obbliga l’autista a condurli a Valdiola, sede del suo gruppo, lungo la strada incontra quattro del gruppo “Montenero” li avverte dei tre che scenderanno dalla montagna e di non farli scappare, lui ritornerà con i rinforzi. Quando D. ritorna (o i suoi uomini per lui) i tedeschi non sono ancora scesi, tornati dalla montagna viene loro intima la resa, scoppia lo scontro a fuoco, muoiono il civile e l’etiope Carlo, arrivato insieme ai rinforzi di D. I due ufficiali catturati vengono portati a Valdiola dove è già il sergente. Ma durante il viaggio tentano la fuga e vengono uccisi. Questa è la versione succinta di D.

Qualcuno riporta la notizia all’Aurora che nel numero del 2 dicembre 1943 pubblica il fatto come avvenuto il 21, ritiene che i tedeschi (quattro nazisti) sono in loco per avere notizie di fuggitivi dai campi di concentramento, attaccati immediatamente dai partigiani, un morto per parte e catturati gli altri.

Veniamo alla versione di Sinigallia che era presente in zona. (Versione del 1945) Il 21 si trova nella frazione di Moscosi per intercettare una spia, quando viene avvisato che a Frontale ci sono i tedeschi, lui sa che possono essere venuti per l’allestimento del campo di atterraggio. Si reca sul posto e incontra D. che gli consegna l’autista fatto prigioniero, inoltre gli dice che sono in zona un tenente, un maresciallo ed un interprete, fanno domande e razziano generi alimentari, lui ha bisogno di rinforzi. Sinigallia, che tra l’altro sa guidare, prende il prigioniero e si reca nel suo covo dove lascia il prigioniero e prende quattro uomini per aiutare il D. Quando arrivano sul posto D. non c’è, al suo posto Giulio (il vice di D.) con tre uomini. Segue un conflitto a fuoco di un’ora, cadono l’etiope e l’interprete, gli altri due tedeschi sono fatti prigionieri. Sinigallia con la macchina porta i due prigionieri e la salma di Carlo (l’etiope morto) al rifugio di D. La macchina si guasta e Sinigallia raggiunge i suoi uomini a piedi. Messo al corrente di un possibile rastrellamento, su ordine del Cln di Macerata, lascia Montenero portandosi appresso l’autista tedesco.

Nella sua versione del 1989 invece Sinigallia ammette che ai tre fu intimata la resa, dal gruppo al comando di Giulio, ma l’interprete, un altoatesino, fece fuoco uccidendo uno degli uomini di Giulio, l’etiope Carletto. Sinigallia sentiti gli spari raggiunge Frontale, arresta il maresciallo tedesco (che forse cercava di fuggire) e si reca al centro del paese. Qui viene informato che un amico di Carletto, al seguito di Giulio, aveva ucciso l’interprete altoatesino perché ritenutolo colpevole della morte dell’amico. Poi con la macchina cerca di raggiungere il covo del gruppo di D. Nella macchina carica due partigiani del gruppo di Giulio e il cadavere di Carletto, oltre a tre prigionieri (forse anche la salma dell’interprete morto? Oppure aveva ancora con sé l’autista?), troppo carica la macchina si guasta.

Secondo la versione di Salomoni (antifascista) l’azione avviene il 20, i tedeschi (non dice quanti) si trovano a Frontale per organizzare una rappresaglia (motivazione poco attendibile, non era successo niente che la giustificasse). Avviene lo scontro, muore un etiope, catturati i tedeschi, il fratello del morto (secondo le ricerche dello storico Matteo Petracci non risulta che il morto avesse congiunti presenti in quell’occasione) uccide immediatamente l’assassinio di Carletto.

Dai diari. Uno di uno sconosciuto riporta come data il 21 novembre, una macchina di tedeschi saliti a Frontale per arrestare Mario Batà. Avviene uno scontro alle tre del pomeriggio, muore un’etiope e un fascista (probabilmente considera l’altoatesino un fascista). Gli altri, non specifica il numero, sono fatti prigionieri. Dal diario di don Giuseppe Mattiacci lo scontro avviene il 21 novembre; arriva prima una macchina tedesca a Frontale, quattro uomini armati per rintracciare i componenti del gruppo “Batà” e per rendersi conto del campo di atterraggio, che secondo lui, Batà stava allestendo (notizia poco attendibile, più probabile che uomini del gruppo si fossero recati nella zona per vedere se era possibile considerarla zona di lancio per gli aerei alleati). Poi lo scontro dove cadono Carletto e un traditore fascista, gli altri tre sono fatti prigionieri.

Taddei (partigiano) non dice espressamente di essere presente al fatto ma si sofferma sulla fine dei prigionieri, i due ufficiali uccisi (successivamente allo scontro) perché di intralcio alla vita della formazione.

Marcello Boldrini sulle pagine della “Gazzetta delle Marche” dell’11 maggio 1945, parla del fatto avvenuto il 24 novembre, catturati un maggiore, un capitano e un tenente della milizia repubblichina. Coinvolge nell’azione Enrico Mattei e conferma l’uccisone dei prigionieri nei giorni successivi, quando la banda è attaccata e deve disperdersi e non può provvedere ai prigionieri.

Testimonianza di Pacifico Topa: il fatto viene fatto risalire al 20 novembre, alcuni tedeschi a Frontale per dare la caccia ai ribelli, sorprendono un gruppo di ribelli. Scontro a fuoco dove muore l’etiope ma i tedeschi sono fatti prigionieri, il fratello della vittima, anche lui presente, uccide il colpevole della morte del suo congiunto (forse si rifà a testimonianza Salomoni).

Testimonianza Filippetti (partigiano): dopo l’arresto di Batà e Berardi i tedeschi si recano a Frontale, il 21 novembre, per fare ulteriori prigionieri (senza truppa non è attendibile). Scontro a fuoco, tedeschi catturati, uno di loro certo Kaufmann Giuseppe (l’altoatesino?) viene passato per le armi in quanto spia e colpevole della morte di un partigiano.

Dal diario di Mosè Di Segni (partigiano): il 24 novembre scontro a Frontale, catturata una macchina con tre ufficiali tedeschi: un maggiore, un capitano, un ingegnere e l’autista, uno dei quattro è italiano. Tutti morti durante un tentativo di fuga.

Dal romanzo della Cristofanetti Boldrini: non si evince la data, i tedeschi si trovano in zona per verificare la possibilità di allestire un campo di atterraggio per le loro “cicogne”, i partigiani vengono avvisati, avviene lo scontro, muore l’etiope, ucciso dal fascista che si arrende ma viene bastonato e ucciso. Gli altri tre tedeschi sono catturati, si pensa di utilizzarli per uno scambio con Batà catturato qualche giorno prima, ma lo scambio non avviene, perché secondo i suoi ricordi, Batà è già stato fucilato (Batà verrà fucilato il 20 dicembre). Allora si allestisce un processo, da parte di quelli del gruppo “Mario”, che porta alla fucilazione di due dei tedeschi.