Vimini Elio

Pesaro, 13 maggio 1906 – Tolosa, 24 ottobre 1986

 Consegue la licenza elementare e si dedica al mestiere di pastaio. Il suo antifascismo è istintivo e politicamente ha simpatie per l’anarchismo ma non risulta abbia svolto una vera e propria militanza. Nel settembre 1930 il Tribunale ordinario lo condanna a tre mesi di reclusione e a 250 lire di multa per offesa al capo del governo. Segnalato dalla polizia come “sovversivo” e trovando difficoltà per lavorare, espatria clandestinamente in Francia, a Tolosa, dove si erano trasferiti da tempo i genitori e il fratello Virgilio. Frequenta gli ambienti anarchici e si iscrive al gruppo “Bien-être et liberté” di ispirazione pacifista e antimilitarista influenzato dal comunismo libertario di Auguste Faure. Il 28 ottobre 1935 Vimini è implicato nell’aggressione del fascista italiano Franco Ricevuto che gli provocherà conseguenze non di poco conto: la condanna a tre mesi di reclusione e 50 franchi di multa, l’iscrizione in Rubrica di Frontiera e le attenzioni dell’OVRA. Nel settembre 1936 raggiunge la Spagna per difendere la Repubblica dal golpe di Franco. Al suo arrivo ad Albacete è arruolato nel Battaglione “Garibaldi” e combatte a Cerro Rojo, battesimo di fuoco del Battaglione, Casa Campo e Pozuelo. Non si sa molto della sua condotta. È certo che nel dicembre 1936 subì due seri interventi chirurgici alla base del cranio per ferite riportate durante la difesa di Madrid. La circostanza è confermata da Aristodemo Maniera che visitò gli ospedali madrileni riservati agli “internazionali” per verificare le condizioni dei feriti. “In una di queste visite – scrive – trovai in condizioni piuttosto gravi, il garibaldino Vimini, ferito alla testa”. La permanenza di Vimini in Spagna si conclude nel dicembre 1937 con il ritorno a Tolosa perché riformato. Il SRI lo assiste con 15 franchi al giorno, ma per lui i problemi non sono finiti perché il 30 agosto 1938 uccide un connazionale che non gli aveva saldato quanto dovuto per dei lavori. Il 1° gennaio 1939 è condannato a due anni di carcere, pena mite per “diminuita responsabilità” conseguente alle ferite al cranio, e all’interdizione dal soggiorno per dieci anni. Scontata la pena entra nel maquis della Regione della Loira. Arrestato, il tribunale tedesco di Nantes lo condanna a dieci mesi di carcere. Deportato in Germania è liberato alla fine di marzo del 1944. Nel dopoguerra continua a risiedere a Tolosa dove concluderà la sua esistenza.

Fonti: ACS-CPC, B.5425, fasc.068001(1930-1943); Anppia (a cura di), Antifascisti nel Casellario politico centrale, voll.20, Roma 1988-1995, ad nomen; www.antifascistispagna.it

Bibl.: A. Maniera, Nelle trincee dell’antifascismo. Ricordi di un garibaldino di Spagna, Argalìa, Urbino 1970, p.95; R. Lucioli, Gli antifascisti marchigiani nella guerra di Spagna (1935-1939), Anpi Marche-Irsmlm, Ancona 1992, pp.135; La Spagna nel nostro cuore. 1936-1939. Tre anni di storia da non dimenticare, AICVAS, Roma 1996, p.491.

(E. T.)