Fano, 28 settembre 1909 – Brescia, 29 novembre 1944
Ancora adolescente dimostra comportamenti e idee da “ribelle” al fascismo. Nel 1931, agli inizi della “svolta”, quando il PCI tentava di organizzare un centro interno, Venturini frequenta l’università di Bologna dove ha modo di incontrare altri giovani che manifestavano sentimenti antifascisti. Quando rientra a Fano si vede al “caffè delle Scienze” con un gruppo di amici che nei primi mesi del 1932 vorrebbero costituire in città un nucleo comunista che diffonda materiale di propaganda. L’incontro, a lungo ricercato, con un funzionario del PCI avviene nel mese di maggio. Intanto Venturini, Silvio Battistelli, Remo Rovinelli e Mariano Bertini stabiliscono una collaborazione con alcuni giovani comunisti pesaresi. Si istituisce un comitato provinciale a Pesaro con compiti organizzativi e un centro di stampa e propaganda a Fano per la presenza tra i comunisti fanesi di studenti e di tipografi. Con una rudimentale pressa si stampano decine di copie di alcuni volantini e un appello, “La Diana”, rivolto ai lavoratori e ai soldati della caserma “Paolini”. Nell’ottobre 1932 Venturini, messo a capo del comitato fanese, progettava di stampare il foglio “La Scintilla”. Era tutto pronto ma per superficialità cospirativa i primi di febbraio 1933 la polizia riuscì a smantellare la struttura clandestina. Il Tribunale speciale il 10 novembre 1933 condannava per costituzione del PCI e propaganda sovversiva Venturini, Battistelli e Bertini e il pesarese Odoardo Ugolini a dieci anni di carcere e a pene inferiori gli altri nove imputati. Nel carcere di Civitavecchia conobbe alcuni importanti dirigenti del PCI: Arturo Colombi, Umberto Terracini, Mauro Scoccimarro e Giancarlo Pajetta. Come per altri militanti comunisti anche per lui il carcere fu una vera e propria scuola di formazione politica e morale. Rimesso in libertà il 10 febbraio 1938 per effetto di decreti di condono e di amnistia, ma in libertà vigilata e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, con l’aiuto dei genitori e della sorella Emma riuscì a concludere gli studi universitari laureandosi in medicina e chirurgia veterinaria a Bologna e nel novembre 1942 in chimica all’Università di Camerino dove aveva stabilito contatti con l’organizzazione clandestina del PCI. Il periodo trascorso in carcere e gli studi avevano plasmato un militante e un quadro intellettuale che, secondo Giorgio Amendola, ebbe un ruolo importante per realizzare “accordi” tra la vecchia organizzazione comunista e i nuovi gruppi d’opposizione, sebbene deboli e incerti, che si erano formati all’interno stesso del fascismo e nelle università. Nel 1942-43 Venturini trova lavoro a Novara, ma vive a Milano dove è attivo nella riorganizzazione del PCI e nella preparazione degli scioperi del marzo 1943 e il giorno dopo il 25 luglio tiene con Pietro Ingrao un pubblico comizio a Porta Venezia. Fa parte del Comitato federale clandestino del partito ed è incaricato delle trattative con gli altri partiti del Comitato nazionale d’azione antifascista e di curare i contatti con gli intellettuali milanesi, tra cui Ugo La Malfa che aveva conosciuto a Fano nel 1942. Dopo l’8 settembre si occupa dell’invio in montagna degli sbandati e dei renitenti ma per l’arresto della moglie Libera Callegari e di altri famigliari il partito, per ragioni di sicurezza, nel gennaio 1944 lo sollecita a trasferirsi a Roma dove svolge attività di direzione politico-militare collaborando con Giorgio Amendola e Antonello Trombadori. Assume nomi di copertura diversi, più spesso quelli di “Gianni Bianchini” e “Carlo Federici”. Lo stallo degli Alleati dopo lo sbarco di Anzio allontanava l’obiettivo della rapida liberazione di Roma. Malgrado le insistenze di Scoccimarro che avrebbe voluto trattenerlo a Roma i primi di febbraio Venturini rientra a Milano per essere destinato a recarsi in Veneto dove per un breve periodo ebbe la responsabilità della federazione comunista di Venezia, prima di essere inviato nelle zone politicamente molto difficili di Vicenza e di Treviso in cui l’organizzazione del partito era debole e diffusa l’inclinazione al settarismo, una realtà che contrastava con la funzione che il PCI intendeva svolgere come forza nazionale e unitaria. Sono mesi di febbrile attività: rappresenta il partito nel CLN regionale in qualità di ispettore presso la Divisone Garibaldi Nannetti” nell’altopiano del Cansiglio e con l’arrivo di Amendola in Veneto assume l’incarico di vicecomandante del CVL per le Tre Venezie. In questa veste si sposta spesso a Milano per incontrarsi con Luigi Longo e i dirigenti del PCI che seguivano l’attività militare in Alta Italia. Durante uno di questi viaggi di ritorno a Padova, nella sosta a Brescia, fu riconosciuto dal suo ex insegnate di ginnastica, Filippo Sorcinelli, un fascista fanatico in fuga da Fano, tenente in servizio presso la censura militare di Brescia che aveva sempre odiato Venturini. Lo fece condurre nella caserma della Divisione “Etna”, ma i finanzieri si rifiutarono di trattenerlo per cui incaricò un vicebrigadiere e un milite scelto di tradurlo presso un comando della GNR. Durante il tragitto tentò la fuga, ma venne ucciso. Dopo la guerra, il 9 ottobre 1946, la Corte d’Assise Straordinaria di Brescia processò il milite Elvio Creatini, esecutore materiale del delitto, e il Sorcinelli, rispettivamente per omicidio e per correità nel delitto. Il Creatini fu condannato a 21 anni di carcere mentre il Sorcinelli, malgrado le prove schiaccianti, venne assolto per insufficienza di prove. Il 7 luglio 1972 è stata concessa a Venturini la medaglia d’argento al Valor Militare “alla memoria”.
Fonti: ACS-CPC, B.5360, fasc.112757(1933-1942); ASPU, Esercito Italiano, Distretto di Pesaro, Foglio matricolare di Venturini Bruno, n.11847; AFGR, Biografie, memorie, testimonianze, fasc. Venturini Bruno; ISCOP, Raccolta V.B., bb 1, fascc.5; ASAPU, 01-7-87-b.136-fasc.87- b.136-fasc.87; Anppia (a cura di), Antifascisti nel Casellario politico centrale, voll.20, Roma 1988-1995, ad nomen; A. Dal Pont et allii, Aula IV. Tutti i processi del Tribunale Speciale fascista, Milano, La Pietra 1976, Sentenza n.29 del 10 novembre 1933.
Bibl.: P. Giannotti, Pesaro contro: 1930-35, in AA.VV., Pesaro contro il fascismo (1919-1940), Argalìa, Urbino 1972, pp.97-103; G. Amendola, Bruno Venturini nell’Antifascismo e nella Resistenza, In “Fano”, Suppl. al n.5, 1974 del “Notiziario di informazione sui problemi cittadini”, Tip. Sonciniana, Fano 1975; L. Cicognetti-P. Giovannini, Tra due processi. Itinerari e strategie dell’antifascismo pesarese negli anni Trenta, in P. Giannotti (a cura di), La Provincia di Pesaro e Urbino nel regime fascista. Luoghi, classi e istituzioni tra adesione e opposizione, Il Lavoro Editoriale, Ancona 1986, pp.79-109; L. Venturini Callegari, Bruno Venturini. Umanità razionalità e passione politica di un combattente per la libertà, Prefazione di E. Santarelli, Presentazione di M. U. Fabbri, Vangelista, Milano 1987; Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza, vol. VI, La Pietra, Milano 1989, ad nomen; R. Lucioli – S. Massacesi – M. Papini, Il Pci nelle Marche dalle origini al “partito nuovo” (1919-1945), affinità elettive, Ancona 2022.
(E. T.)
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