Pavoni Teodoro

Sussak (Fiume), 16 settembre 1903 – Ancona, febbraio 1944

Primo di quattro fratelli. La sua famiglia si trasferisce durante la guerra, nel 1916, ad Ancona profuga da Fiume. Per Teodoro la scuola non è né una priorità né un diritto, sa appena leggere e scrivere. In Italia aiuta il padre che fa il fruttivendolo, ma quando capita fa anche altri mestieri: facchino, muratore. Dopo aver terminato il servizio militare aderisce alla gioventù comunista, scelta influenzata dal quartiere dove vive, il Guasco, abitato da famiglie di operai, simpatizzanti anarchici e sovversivi. Per la Questura di Ancona, che lo scheda come comunista nel gennaio 1933, è un “lavoratore fiacco”. Viene arrestato il 26 febbraio 1932 nell’ambito dell’operazione che smobilita il gruppo comunista anconetano, diretto dal suo amico Maderloni. Trasferito a Regina Coeli, malgrado il suo fisico possente contrae la TBC. Prosciolto, il 14 dicembre 1932, rientra nella sua casa di Ancona, un “tugurio” del tutto inadeguata per le sue condizioni di salute. Con Maderloni istaura un’amicizia sincera e fortemente salda nei principi politici che condividono senza riserve. Nel dicembre 1934, insieme, si recano a Portocivitanova per partecipare alla riunione regionale dei quadri del Pcd’I. Queste sue manovre non sfuggono alla polizia che lo controlla assiduamente. Il 27 febbraio 1935 è arrestato e interrogato riguardo all’incontro in questione, se la cava con la strafottenza di chi non ha niente da perdere, ma è condannato a due anni di ammonizione. Arrestato nuovamente il 24 giugno 1935 è condannato a dieci giorni di carcere, per grida e manifestazioni sediziose e di nuovo ammonito. È quasi sempre disoccupato, la sua ostinata e manifesta perseveranza, di ostilità al regime, non lo aiuta. Il padre lo accetta come aiuto nel suo negozio di fruttivendolo, abita nelle case sfrattati di via Fanti al n.22. Fa appena in tempo ad essere prosciolto dal monito, l’11 marzo del 1936, che nel giro di qualche mese, il 28 settembre dello stesso anno, vi è di nuovo condannato, per la sua palese attività antifascista. Patisce la fame e viste le sue condizioni di salute la cosa, certo, non gli giova. Il 15 marzo 1937 in occasione della nascita del principe Vittorio Emanuele è prosciolto dal monito. Nell’aprile 1939 è richiamato alle armi, nel corpo dei granatieri a Viterbo, parte per l’Albania in estate. È congedato il 30 settembre dello stesso anno, questa volta i problemi di salute gli vengono in aiuto. Fa ritorno ad Ancona dove riprende a vivere in condizioni disagiate, rese più dure dall’inizio della guerra. La sua malattia progredisce, le sue condizioni di salute si aggravano, cade il regime ma “Doro”, il nomignolo con cui lo chiamavano tutti gli amici, non riesce più a dare il suo contributo alla causa che lo ha animato per anni. Sul finire del 1943 è ricoverato all’ospedale civile di Ancona; nei primi giorni di febbraio del 1944 la sua vita si spegne.

Fonti: ASA, fondo Questura, sorvegliati politici, ad nomen; Teodoro Pavoni, in «Bandiera Rossa», 25 maggio 1944.

Bibliografia: C. Maderloni, M. Papini (a cura di), Raffaele Maderloni. Ricordi 1923 – 1944, I quaderni dell’Istituto Gramsci Marche n.13/14 1995; R. Lucioli – S. Massacesi – M. Papini, Il Pci nelle Marche dalle origini al “partito nuovo” (1919-1945), affinità elettive, Ancona 2022.