Gabbani Augusto

Pozzo Alto, 5 maggio 1891- Mombarroccio, 31 luglio 1983

 Proviene da una povera famiglia contadina e da un ambiente da lui definito di “miseria squallida” pervaso dalla superstizione religiosa. Frequenta la scuola fino alla terza classe elementare e per qualche tempo le lezioni impartitegli dal cappellano della parrocchia. Ancora adolescente partecipa al movimento delle prime leghe contadine organizzate dai socialisti Giuseppe Filippini, Alfredo Faggi e Domenico Gasparini nel Pesarese e nell’Urbinate. Nel 1912 Gabbani si iscrive al PSI, partecipa all’agitazione e allo sciopero per la ripartizione delle spese di trebbiatura con i proprietari dei fondi e per le sue idee pacifiste è più volte diffidato dalle autorità di pubblica sicurezza. Con il primo conflitto mondiale è inevitabile l’indebolimento dell’attività sindacale, ma il dopoguerra apre una fase inedita, segnata da acute tensioni sociali che investono anche con la ripresa del movimento di lotta dei contadini. In questo periodo Gabbani diventa dirigente sindacale e membro del Comitato provinciale delle leghe contadine di resistenza, contribuendo anche alla costituzione della prima cooperativa di consumo e della sezione socialista del suo comune. Nelle elezioni politiche del novembre 1919 è candidato nelle liste socialiste e alle elezioni amministrative dell’ottobre 1920, capolista del PSI, malgrado le difficili condizioni della lotta politica, viene eletto sindaco di Pozzo Alto. Pochi mesi dopo, con la scissione di Livorno, aderisce al PCd’I, imitato da tutta la sezione socialista di Pozzo e dalla maggioranza del consiglio comunale. Come sindaco si adopera per costruire strade di importante collegamento e aumenta le classi nelle scuole elementari del capoluogo. Si attira l’odio degli agrari in quanto per ripianare il bilancio del comune, ereditato in forte passivo, eleva le tasse a carico dei proprietari terrieri che prima tentano di corromperlo e poi ricorrono alle minacce. Anche la costruzione del nuovo acquedotto, tramite un consorzio costituito con i comuni di Tomba, Gradara e Montelabbate, solleva proteste e avvertimenti minacciosi perché la captazione dell’acqua avviene in una sorgente situata sulla proprietà di Augusto Mariotti, vicepresidente dell’Associazione agricoltori e locatore del fondo di Gabbani. Nel corso di una agitazione per la trebbiatura e la difesa dei diritti sindacali subisce l’arresto e diventa oggetto della violenza squadrista. L’8 agosto 1922, il giorno dopo la sua scarcerazione, numerosi fascisti armati della “Disperata” di Perugia, capeggiati da Raffaello Riccardi, circondano la sua casa e lo conducono in municipio, cercando le bandiere della lega contadina, della cooperativa di consumo e della sezione del PCd’I. Gabbani viene duramente picchiato e avvolto nella bandiera del Comune è costretto a percorrere le vie del paese fra bastonature e dileggi. Poi, ricondotto in municipio, con la pistola di Riccardi puntata alla tempia, gli viene intimato di firmare le dimissioni da sindaco e di riunire in serata tutta la popolazione per rinnegare pubblicamente il suo ideale politico e aderire al fascismo. Ma Gabbani si nasconde e torna a casa soltanto due settimane dopo. Da questo momento in poi è sorvegliato, fermato e trattenuto diverse volte. Subisce inoltre varie perquisizioni perché sospettato di contatti con fuorusciti in Francia. Nel 1930-1931, accetta, pur tra grandi perplessità, la direttiva del partito di entrare nei sindacati fascisti per mantenere i contatti con i lavoratori. Riesce a provocare la discussione per un patto colonico più favorevole ai contadini e l’istituzione di una mutua fra mezzadri, aprendo contraddizioni al punto che gli agrari richiedono l’intervento dall’alto dato che “questi sindacati hanno intenzione di fare come gli altri” e dunque “bisogna andare a Roma e provvedere”. Il forte legame con le condizioni materiali della sua gente fanno di Gabbani un leader circondato di rispetto e ammirazione. Nel corso del secondo conflitto mondiale, sfollato a Scotaneto, frazione di Urbino, riprende i contatti con la base contadina e prepara la ricostituzione delle leghe. Dopo l’8 settembre collabora per mettere in salvo i soldati sbandati, organizza sabotaggi lungo la Linea gotica con i gruppi gappisti e partecipa con il Distaccamento “Balducci” della Brigata Garibaldi “Bruno Lugli” a diverse azioni di disarmo della milizia fascista. Appena ricostituita la Federazione provinciale comunista intensifica la sua attività, dapprima clandestina sotto il governo militare alleato, per riannodare le fila del disperso movimento contadino. Nel 1945 è incaricato dal partito di ricostituire la Confederterra, del cui comitato nazionale è membro ed è nel gruppo che riorganizza la CdL del lavoro provinciale. Nel febbraio del 1947, durante lo sciopero delle fiere e dei mercati per il bestiame, prende le difese di alcuni contadini arrestati dalla forza pubblica e riesce a ottenere dal presidente del tribunale di Urbino il loro rilascio. A sua volta, sebbene non sia stato presente ai fatti, è denunciato “come capo di una associazione a delinquere” e condannato in primo grado a due anni e otto mesi di carcere, ma assolto poi in appello. Nel 1948 passa all’Ufficio vertenze della CdL provinciale e nel 1958, per le cattive condizioni di salute, decide di pensionarsi.

 Fonti: ACS-CPC, B.2211 (1931-1939); partigianiditalia.beniculturali.it/archivio/ (Ricompart).

Bibl.: A. Gabbani, I miei ricordi, Tip. Melchiorri, Pesaro [1973]; F. Andreucci-T. Detti (a cura di), Il movimento operaio italiano. Dizonario Biografico. 1853-1943, Editori Riuniti, Roma 1976, ad nomen; L. Cigognetti-P. Giovannini, Per una storia dell’antifascismo pesarese. Biografie politiche, in P. Giannotti (a cura di), La Provincia di Pesaro e Urbino nel regime fascista. Luoghi, classi e istituzioni tra adesione e opposizione, Il lavoro editoriale, Ancona 1986, pp.260-261; Ermanno Torrico, Gabbani. Augusto in R. Giulianelli-M. Papini (a cura di), Dizionario biografico del movimento sindacale nelle Marche (1900-1970), Ediesse, Roma 2006, ad nomen.

(E. T.)