Depangher Mario

Capodistria 8-12-1896 – Muggia (Ts) 23 luglio 1965.

Il padre Piero e la madre Angela Bacci sono di chiare tendenze progressiste e simpatizzano per gli ideali socialisti. Famiglia numerosa la loro, Mario ha nove fratelli, sette di loro, nel corso degli anni, vengono schedati dalla Questura come comunisti. A quattordici anni si iscrive al movimento giovanile socialista, diserta la guerra 1914-18; al contrario partecipa attivamente allo sciopero generale e alle manifestazioni contro la guerra stessa, proclamati in Austria- Ungheria dalle organizzazioni operaie. Il 4 agosto 1919, durante un comizio di protesta, rimane coinvolto nell’assalto che carabinieri e fascisti portano alla Camera del lavoro di Trieste e alla sede del giornale “Il Lavoratore”; arrestato viene deferito al tribunale militare ma amnistiato subito dopo. Subisce nuovi arresti negli anni 1920-1921, perché sospettato di azioni contro i fascisti. Dal carcere aderisce al partito comunista. Nel 1922 i fascisti gli offrono un posto di capitano di navigazione purché rinunci alle sue idee, Mario rifiuta sdegnosamente. A giugno viene fermato dai fascisti sulla piazza di Muggia, sua comune di residenza, interviene uno dei fratelli con altri compagni, ne nasce un violento scontro, Mario riesce a disarmare il comandante del reparto fascista e ne spedisce tre all’ospedale; per rappresaglia gli bruciano la barca e le reti da pesca. In un successivo scontro con i fascisti rimane ferito. A novembre del 1922 viene arrestato insieme alla moglie, Orsola Sabaz (Lina), è ancora accusato di attentati contro i fascisti ma dopo tre mesi vien prosciolto in camera di consiglio e fatto scarcerare. Nel 1925 è di nuovo arrestato perché sospettato di svolgere propaganda contro il regime fascista, si fa qualche mese di carcere. Nel febbraio 1927 è diffidato e poi ammonito dalla Questura di Trieste. Il 18 maggio 1928 è arrestato e proposto per il confino, assegnazione che arriva l’11 giugno, a Lipari per cinque anni. Durante una licenza ottenuta per una grave malattia del padre ripara in Austria. A Vienna prende contatti con i fuoriusciti socialisti, tra cui Saragat e l’avv. Clerici poi assassinato a Parigi da emissari fascisti; collabora con loro al piano di fuga, da Lipari, che coinvolge Rosselli, Nitti, Lussu e altri. Successivamente passa in Russia, dove frequenta l’università leninista di Mosca, poi si reca in Francia, a Parigi, e prende contatti con il centro estero del Pcd’I, accettando di compiere, missioni clandestine in Italia con lo pseudonimo “Sterlin”. Durante una di queste missioni viene arrestato a Reggio Emilia il 30 novembre 1931, con indosso materiale propagandistico. Denunciato al tribunale speciale, viene giudicato il 23 aprile 1932, sentenza n.39, e condannato a sette anni di reclusione per i reati partecipazione e propaganda di associazione comunista e altri reati minori. Grazie all’amnistia, per il decennale della marcia su Roma, Mario è scarcerato dal reclusorio di Civitavecchia il 15 novembre 1932 con l’obbligo di presentarsi alla Questura di Trieste. A Trieste viene trattenuto e riassegnato al confino in quanto “pericoloso in linea politica”, altri cinque anni da scontare all’isola di Ponza. Al confino viene arrestato per aver protestato, insieme ad altri confinati, contro la direzione dell’isola e trasferito a Napoli. Qui è condannato dal tribunale a quattro mesi di carcere; nel 1935 altra protesta collettiva contro la direzione, per il cattivo trattamento che ricevono i confinati, altro arresto, altro viaggio a Napoli, altra condanna. Scontati undici mesi di carcere è ricondotto sull’isola. Secondo le carte di polizia subisce condanne per complessivi diciannove mesi di carcere. Doveva essere prosciolto nel dicembre 1937, mentre viene liberato nel febbraio del 1939 e subito incluso nell’elenco delle persone da arrestare in determinate circostanze. Mario rientra nella sua Muggia ma viene continuamente vigilato. Nel giugno del 1940 dopo l’entrata in guerra dell’Italia è internato a Ventotene, è ancora ritenuto un elemento politicamente molto pericoloso. Il 24 ottobre 1940 è trasferito a San Severino Marche come internato politico con l’obbligo di presentarsi ogni giorno ai carabinieri, con lui a San Severio si trasferisce anche la moglie. Dopo l’8 settembre decide di passare subito all’azione e con pochi personaggi di sicura fede antifascista forma un primo gruppo di resistenti, tra cui alcuni slavi, fuggiti dai campi di prigionia, con l’intenzione di intraprendere una guerriglia contro i fascisti e tedeschi. Nasce così il nucleo embrionale di quella che sarà la futura banda “Mario”, uno dei primi gruppi partigiani sorti nell’Italia dopo l’invasione tedesca. Mario sarà un comandante molto apprezzato, non farà mai prevalere la sua passione politica e saprà coinvolgere nella lotta personaggi capaci e di grande affidabilità. Subito dopo la liberazione di San Severino, il 2 luglio, viene eletto, dal Cln, Commissario straordinario e qualche giorno dopo, il 6, il Governo militare alleato lo nomina sindaco. Decisione che viene ratificata dal Cln il 20 luglio. Depangher rimane in carica fino al novembre del 1944. Quando è arrestato dagli alleati il 26 novembre 1944, con accuse per lo più infondate. Tutte le testimonianze successive alla liberazione parlano di problemi avuti da Depangher amministratore a San Severino ma nessuno specifica quali. Una sola testimonianza gli rimprovera di aver aumentato troppo le tasse in modo indiscriminato.  Nel 1945 ritorna a Muggia, resta fedele ai suoi principi ma si defila dal mondo politico. Muore a Muggia il 23 luglio 1965. All’interno del Pci era considerato un eretico, essendo un fervente sostenitore della rivoluzione permanente, un trozkista. Quando dopo la liberazione chiede l’iscrizione al partito nella sezione comunista di San Severino, deve fare prima autocritica, su richiesta della segreteria nazionale del Pci.

Fonti:

Bibliografia: M. Petracci, Partigiani d’oltremare. Dal corno d’Africa alla resistenza italiana, Pacini, Pisa 2021; G. Piangatelli, Tempi e vicende della resistenza a San Severino Marche, Anpi-Macerata, Macerata 1985; V. Gianangeli-F. Torresi (a cura di), Dai documenti la storia. 1943 – 1944 Anni duri a Macerata e dintorni, Il Labirinto, Macerata 2004, pp. 244-253; La Resistenza a San Severino: testimonianze, Anpi San Severino, San Severino 1993; R. Paciaroni, Una lunga scia di sangue : la guerra e le sue vittime nel Sanseverinate (1943-1944), Hexagon group, San Severino Marche 2014; L. M. Cristini (a cura di), Mosè Di Segni medico partigiano. Memorie di un protagonista della Guerra di Liberazione (1943-1944), San Severino Marche 2011; Comune di Tolentino (a cura di), Tolentino e la Resistenza nel Maceratese, Tolentino 1966, pp.256-261.