Cappellini Egisto

Urbino, 31 ottobre 1896 – Spoltore (Pescara), 15 maggio 1975

La sua militanza politica e antifascista è precoce, quindicenne è nella Gioventù socialista, e influenzata dall’ambiente e dalle lotte dei mezzadri e dei minatori della valle del Foglia. Molto importante è stata la vicinanza a un personaggio come Domenico Gasparini, modello di intransigenza morale e di umanesimo socialista. Giovanissimo militante del PSI prende parte alla Grande guerra nel 3° Reggimento Genio ed è congedato il 15 dicembre 1919 col grado di sergente maggiore. Partecipa al congresso di Livorno del gennaio 1921 come delegato provinciale di Pesaro e alla fondazione del PCd’I. Le modalità della sua formazione politica fanno di Cappellini un “quadro” del nuovo partito in cui le inclinazioni sovversive, assorbite dall’ambiente, evolvono verso una nuova disciplina, non priva di duttilità e realismo, a cui non fu estranea l’adesione a “L’Ordine Nuovo” e alla mozione di Imola del 28 novembre 1920 che di fatto preparò la scissione di Livorno. Trasferitosi a Pesaro, è membro del Comitato provinciale della Federazione comunista ed è a Villa Pucci, nella sua abitazione, nei presi della città, che si predispone la resistenza contro le squadracce fasciste di cui Cappellini subisce più volte le aggressioni. Nel 1923 la repressione del governo contro gli oppositori costringe i comunisti all’organizzazione clandestina e lo stesso Cappellini si rifugia a Trazanni, alle porte di Urbino, dopo aver subìto un primo arresto. Dal 1924 al 1925 gli è affidata la segreteria della Federazione provinciale e l’incarico di curare i contatti con i “corrieri” della direzione centrale del partito e nel febbraio 1926 sposta per motivi di lavoro la residenza da Pesaro a Rimini dove nell’estate del 1927 venne arrestato. Deferito al Tribunale speciale per ricostituzione del partito comunista e cospirazione, dopo un anno di carcere preventivo è assolto nel processo celebrato il 28 luglio 1928. Tuttavia, non poteva più svolgere la funzione di segretario federale del PCd’I e non si attendeva che l’occasione che “venne – racconta lui stesso – quando mi fu ingiunto, dalla questura, l’ordine di lasciare Pesaro. Più di un ordine si trattò, come generalmente accade in questi casi, di un invito, ma di un invito fatto per evitare il peggio”. Da questo momento in poi, con la copertura di agente delle assicurazioni Abeille che ne giustificava gli spostamenti, Cappellini svolge un’intensa attività antifascista clandestina, soprattutto negli anni Trenta dopo la ricostruzione del centro interno del PCd’I e la “svolta” del 1934-35. Nel 1942-43, a Torino, dove risiedeva, è tra i promotori del Fronte Nazionale d’Azione e collabora alla preparazione degli scioperi operai del marzo 1943. Poco dopo, a maggio, in connessione a un’indagine della polizia fascista di Zara, Cappellini fu arrestato e tradotto a Zara probabilmente per la delazione di un agente provocatore. Subì la tortura e venne denunciato al Tribunale speciale della Dalmazia. Tuttavia, dopo la caduta di Mussolini il 25 luglio venne rimesso in libertà e ritornò nelle Marche come ispettore per la riorganizzazione del partito nella regione. Qui si apre la fase più importante della sua attività di dirigente del Pci marchigiano a cui impresse un ruolo di primo piano non senza polemiche, ma evitando la rottura, con gli azionisti anconetani e il CLN regionale, presieduto da Oddo Marinelli, in particolare sull’adozione dei commissari politici nelle bande partigiane e l’assegnazione del comando militare regionale al comunista Alessandro Vaia in sostituzione dell’azionista Amato Tiraboschi già vice di Gino Tommasi  dopo l’arresto di quest’ultimo nel febbraio 1944. Fondamentale è stato il ruolo di Cappellini, alias “Marco”, per il superamento dopo l’8 settembre dei “patti di pacificazione” e a convincere anche i non pochi riluttanti nel suo partito della necessità di organizzare la lotta armata a partire dalla costituzione di una prima base logistica nella zona di Cantiano, alle pendici del Monte Catria, da parte di Erivo Ferri, Ottavio Ricci e Mariano Bertini. Le formazioni partigiane dovevano costituirsi lontano dalle città e dai paesi per offrire ai giovani renitenti e disertori della Rsi un’alternativa possibile e concreta. Due mesi dopo prenderanno forma i primi distaccamenti e la V Brigata Garibaldi “Pesaro”. Il 1° settembre 1943 fonda il foglio clandestino “L’Aurora”. Organo dei Comunisti Marchigiani, che dal 18 marzo 1944 diventa “Bandiera Rossa”, non senza le critiche di Antonio Roasio. Dal giugno 1944 Cappellini fa parte, con Vaia e Celso Ghini, del Comitato insurrezionale marchigiano. Protesterà con Togliatti, a Roma, per il disarmo dei partigiani imposto dagli Alleati, sentendosi rispondere che i rapporti di forza erano sfavorevoli per cui non bisognava mettere in pericolo l’unità antifascista e provocare l’isolamento del PCI e piuttosto era necessario convincere i partigiani ad arruolarsi nel CIL per proseguire la lotta per la liberazione completa del Paese. Dopo la guerra Cappellini è membro del Comitato centrale del PCI ed eletto senatore per due legislature nel Collegio di Urbino (1948-1958). Nello stesso tempo assume l’incarico di amministratore del partito al quale farà acquistare la storica sede di Botteghe Oscure. La crisi dei rapporti con il partito avviene nel 1956 in seguito alla sua richiesta di essere ascoltato dalla direzione del PCI sull’invasione sovietica dell’Ungheria essendo stato testimone diretto di quegli avvenimenti. La sua richiesta fu respinta e Pajetta gli riservò “parole nervose ed eccitate” e un tono “irritato”. Non lasciò il partito ma si appartò dedicandosi a tempo pieno alla produzione neorealistica di lungometraggi affidati alla regia, fra gli altri, di Florestano Vancini e Gillo Pontecorvo. Per questo aveva fondato “Cinelatina” e condotto in Parlamento una vera e propria battaglia contro la censura preventiva della produzione cinematografica, soprattutto di film di denuncia sociale e di satira di costume di cui rimane traccia in due brillanti e documentati discorsi pronunciati al Senato nelle sedute del 10 giugno 1952 e dell’8 luglio 1954. Per il suo contributo alla Resistenza ha ricevuto la medaglia d’argento al valor militare.

Fonti: ACS-CPC, B.1046 (1926-1949), copia del fasc. in ASAPU, Antifascismo Provincia di Pesaro-Urbino (1921-1943), 01-9-5-bb.152-156-fasc.5 (ACS b.1, fasc.7); ASPU, Esercito Italiano, Distretto di Pesaro, Foglio matricolare di Cappellini Egisto, n.803; AFGR, Biografie, memorie, testimonianze, fasc. Cappellini Egisto; ANPPIA (a cura di), Antifascisti nel Casellario politico centrale, voll.20, Roma 1988-1995, ad nomen.; A. Dal Pont et allii, Aula IV. Tutti i processi del Tribunale Speciale fascista, Milano, La Pietra 1976, Sentenza n.72 del 28 luglio 1928; INSMLI-Istituto Gramsci, Le Brigate Garibaldi nella Resistenza. Documenti, vol.I: Agosto 1943- maggio 1944, a cura di G. Carocci-G. Grassi, Feltrinelli, Milano1979, pp.246-247; vol.II: Giugno-Novembre 1944, a cura di G. Nisticò, pp.33-34, 58-59; partigianiditalia.beniculturali.it/archivio/ (Ricompart).

Bibl.: Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, vol. I, La Pietra, Milano 1968, ad nomen; A. Tomasucci, I 45 giorni e il Cln, in AA.VV., Pesaro contro il fascismo, Argalìa, Urbino 1972; Resistenza e Liberazione nelle Marche. Atti del I Convegno di studio nel XXV della Liberazione, Argalìa, Urbino 1973, pp.81-92, 288-292; F. Andreucci-T. Detti (a cura di), Il Movimento operaio italiano. Dizionario biografico. 1853-1943, vol. I, Editori Riuniti, Roma 1975, ad nomen; E. Cappellini, “Marco” racconta…, Il Pci marchigiano nelle memorie di un suo dirigente (1921-1956), Edizoni Nuove Ricerche, Ancona 1983; L. Cicognetti-P. Giovannini, Per una storia dell’antifascismo pesarese. Biografie politiche in P. Giannotti (a cura di), La Provincia di Pesaro e Urbino nel regime fascista. Luoghi, classi e istituzioni tra adesione e opposizione, il lavoro editoriale, Ancona 1986, p.252; R. Lucioli-S. Massacesi, Il caso Tiraboschi. Politica e guerra di liberazione nella Resistenza marchigiana, affintà elettive, Ancona 2015; M. Papini, L’intelligenza della politica. Cento protagonisti del Novecento marchigiano, affinità elettive, Ancona 2016, pp.76-78.

(E. T.)