Montalto di Cessapalombo

Eccidio

Il 22 marzo 1944 si consumò l’“eccidio di Montalto”. Ventisette uomini tra partigiani di vecchia data e giovani giunti in montagna da meno di un mese persero la vita per mano di un reparto del battaglione M – IX Settembre, inquadrato nella divisione tedesca Brandenburg. Ancora oggi è opinione diffusa che si sia trattato di una rappresaglia, volta a vendicare l’episodio di violenza avvenuto a Muccia un mese prima, il 23 febbraio. In realtà, per comprendere la natura e le ragioni di questa strage, è necessario inserirla nel contesto politico-militare delle Marche. Essa avvenne nel corso dell’offensiva nazifascista che tra il mese di marzo e quello di aprile si dispiegò nelle provincie meridionali: dopo Rovetino, Pozza e Umito, le operazioni di rastrellamento continuarono nel territorio maceratese tra Caldarola e Sarnano. Dal punto di vista militare si trattava di una zona strategica, importante al fine dei collegamenti con il fronte di Anzio. Per questo appariva necessario stroncare le formazioni partigiane che vi operavano, spesso compiendo azioni di disturbo e di sabotaggio ai danni dei convogli tedeschi. Oltre a rientrare tra le cosiddette operazioni militari preventive, l’eccidio di Montalto aveva anche l’obbiettivo di impressionare e terrorizzare la popolazione locale, minando le basi d’appoggio per i partigiani e costringere i giovani a presentarsi ai bandi di leva o come forza lavoro da inviare in Germania.

Proprio nei primi giorni di marzo e a ridosso della scadenza del bando Graziani, un gruppo di ragazzi intorno ai vent’anni e, nella maggior parte, originari di Tolentino, decisero di partire per la montagna. Indirizzati dal parroco tolentinate don Luciano Piergentili e dal CLN di Tolentino, si stabilirono a Montalto di Cessapalombo, alcuni alla “casa della comunità” e altri alla scuola. Nelle poche settimane chepassarono tra le fila della resistenza, dovettero affrontare non pochi problemi organizzativi e logistici, come la ricerca di vitto sufficiente per tutti, spesso raggiunto grazie l’aiuto della popolazione locale, e la mancanza quasi totale di armi, purtroppo mai colmata. Al momento della strage, si trattava ancora di un gruppo in formazione.

Dal 19 marzo, in seguito allo scontro di Caldarola e alla conseguente cattura di una dozzina di partigiani, tra cui alcuni dei giovani di Montalto, la situazione si fece sempre più critica. Nelle ore seguenti si diffuse la notizia dell’accaduto e si susseguirono gli allarmi di un prossimo rastrellamento della zona. In una catena di ordini e contrordini impartiti dal CLN di Macerata e dal Comando di Vestignano, alla fine il gruppo di Montalto non venne trasferito e non furono prese neppure misure precauzionali aggiuntive. Così, in un clima di attesa e speranza, si arrivò all’alba del 22 marzo quando un’ottantina di soldati tra fascisti e tedeschi, guidati dal comandante Giulio Grassano e dal tenente Fischer, si mossero davvero verso la zona interessata. Con loro erano anche i sei partigiani che, catturati a Caldarola, erano stati condannati a morte, e don Antonio Salvatori che, incontrato lungo la strada e apostrofato come il prete dei ribelli, venne fatto salire sul camion e fu costretto ad assistere all’esecuzione.

Intorno alle 7 iniziò il rastrellamento. I giovani partigiani furono allertati dagli spari della sentinella e, in tuttafretta, cominciarono a correre verso Vestignano, secondo gli ordini ricevuti dal Comando. Ma proprio lì, c’erano ad attenderli due camion pieni di soldati. Lungo il tragitto caddero Nicola Peramezza, Mario Ramundo, Guidobaldo Orizi e Lauro Cappellacci. Alcuni riuscirono a sfuggire alla cattura nascondendosi nei luoghi più disparati, ma tutti gli altri furono radunati e ricondotti verso la mulattiera sotto Montalto. Fu preso anche il comandante Achille Barilatti, da qualche giorno posto alla loro guida. Cominciò la fucilazione e di quattro in quattro, anche i catturati a Caldarola, si trovarono sotto il plotone di esecuzione. Verso la fine il tenente Fischer la sospese, probabilmente non per uno slancio di umanità, ma per ragioni pratiche: la strada era ingombra dicadaveri e i camion che dovevano muoversi erano impossibilitati a farlo, quindi si doveva procedere immediatamente con lo spostamento dei corpi. In questo modo furono risparmiati Marcello Muscolini, Aroldo Ragaini, Alberto Pretese, Carlo Manente ed Elvio Verdinelli. Si salvò anche uno dei fucilati, Nello Salvatori, che gravemente ferito si finse morto e attese per tre ore che i soldati se ne andassero: ≪Si saranno forse accorti di me che sono vivo? Mi daranno il colpo di grazia? Riconcentro tutto me stesso a comparire morto. Altri fucilati mi cadono bruscamente sopra, e sento di qualcuno l’ultimo respiro…≫ (La tragedia di Montalto 1945, p.17-18). Le salme dei caduti furono trasferite nella cappella del cimitero di Montalto per poi essere lì tumulate. Solo dopo la Liberazione, vennero riportati a Tolentino nel corso di una solenne cerimonia cui partecipò l’intera cittadinanza.

Nella giornata del 22 marzo morirono tra Vestignano e Montalto trenta giovani. Il comandante Barilatti sarà ucciso il giorno successivo presso le mura del cimitero di Muccia.

Al Comune di Cessapalombo è stata concessa la Croce al valor militare con la seguente motivazione: ≪Durante l’occupazione tedesca il Comune di Cessapalombo dimostrava in difficili circostanze, ferma patriottica decisione. Particolarmente meritevole di elogio il contegno tenuto dalle popolazioni di Montalto e Monastero che rifornivano di viveri, armi e munizioni i partigiani e partecipavano anche, con i loro uomini, ai combattimenti del marzo e del maggio. Settembre 1943 – Giugno 1944≫. Per volontà del Comitato dei genitori dei caduti e delle amministrazioni comunali di Tolentino, Caldarola e Cessapalombo sul luogo della strage fu costruito un monumento che onorasse la loro memoria, inaugurato nel terzo anniversario della morte. Dal 2003 si tiene ogni anno una marcia commemorativa attraverso cui si ripercorrono i luoghi della tragedia da Caldarola a Montalto.

Bibliografia
Associazione giovanile ≪Excelsior≫ San Francesco, La tragedia di Montalto. Simbolo di libertà e giustizia del racconto del superstite Nello Salvatori 22 marzo 1944, Tolentino 1945.
AA.VV., Tolentino e la resistenza nel Maceratese, Accademia Filelfica, Tolentino 1964.
G. Boccanera, Sono passati i tedeschi. Episodi di guerra nel Camerinese, ristampa a cura dell’Università degli studi, Camerino 1994.
E. Calcaterra (a cura di), Noi c’eravamo, 22 marzo 1944: l’eccidio di Montalto nelle fonti essenziali, 1944-1964, Tolentino, Istituto editoriale europeo, 1989.
Queste mura cadranno. Uomini, storie e memorie del ’44, ANPI Tolentino e Comune di Tolentino, Tolentino 1990.
Anime belle anime perse. La generazione degli antieroi, ANPI e Comune di Tolentino, Tolentino 1991.
E. Calcaterra, P. Ciarapica, Passato prossimo, ANPI Tolentino, Tolentino 1992.
E. Calcaterra, F. Maiolati, Un’amicizia per la vita. Un sacrificio per la libertà. I giovani di Montalto: protagonisti e testimoni, Circolo culturale Tullio Colsalvatico, Tolentino 2009.
R. Giacomini, Ribelli e partigiani. La Resistenza nelle Marche 1943-1944, Affinità elettive, Ancona 2008.